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Osvaldo Mariscotti: il nuovo Suprematismo visivo

Molti artisti, decidono di dipingere il bello; altri invece, decidono di scomporre il segno, entrando così, nel nuovo universo della non rappresentazione. Voglio ricondurre, pertanto, l'analisi visiva del maestro Osvaldo Mariscotti, a quella scuola di pensiero, nata esattamente cento anni fa, grazie ad un'intuizione di Kazimir Malevic, in collaborazione con il poeta Majakovskij, che prese il nome di Suprematismo. Malevic sosteneva, che l'artista moderno, doveva guardare ad un'arte finalmente liberata da fini pratici ed estetici e lavorare soltanto assecondando una pura sensibilità plastica. Sosteneva quindi, che la pittura fino a quel momento, non fosse stata altro che la rappresentazione estetica della realtà e che invece il fine dell'artista doveva essere quello di ricercare un percorso che conducesse all'essenza dell'arte: all'arte fine a se stessa.

La parola suprematismo deriva dal pensiero dell'autore: secondo Malevic l'arte astratta sarebbe superiore a quella figurativa, infatti in un quadro figurativo vediamo rappresentato un qualsiasi oggetto o forma vivente, mentre sull'opera suprematista non c'è che un solo elemento: il colore che viene espresso nel miglior modo possibile in un dipinto astratto. All'origine della avanguardie artistiche russe c'è, come in molte altre nazioni europee, il desiderio di ribellarsi agli insegnamenti delle Accademie, considerati obsoleti e non più in grado di esprimere i molteplici aspetti della società moderna radicalmente trasformata dalla rivoluzione industriale. Il Cubismo aveva introdotto l'idea di ridurre le forme del mondo esterno ai loro elementi essenziali e di presentare il soggetto di un quadro in modo tale da sottolineare la piattezza inevitabile della tela. Lo stile cubista giunge agli artisti russi grazie alle numerose mostre di arte contemporanea occidentale allestite a Mosca dal 1912 in avanti. Il suprematismo dell'artista russo Malevic, porta gli aspetti fondamentali della pittura cubista ai loro estremi. Malevic ritiene che si possa libera l'arte dal vincolo di rappresentare figure e oggetti con imagini riconoscibili: non dovendosi più preoccupare di raffigurare la realtà esterna, l'arte potrà sviluppare un linguaggio di forme proprio e create nuove realtà "non meno significative delle realtà della natura".

Per Malevic gli elementi basilari dell'arte suprematista sono la linea retta e il quadrato, che rispecchiano l'accento da lui posto sulle forme prodotte dall'uomo piuttosto che su quelle esistenti in natura. Questi elementi vengono ripresi da Osvaldo Mariscotti. Molto significative sono le sue opere, costituite dalla scomposizione di figure quali il rettangolo, che viene così scomposto, nelle sue linee colorate essenziali, su sfondo nero.

La ricerca di Mariscotti, lo pone nell'ambito del concettualismo geometrico: quella realtà di pensiero che denuncia la figurazione come malessere e va a la ricerca della sintesi, come modello da perseguire. I tanti viaggi in tutta Europa, in Sud America e infine negli Stati Uniti hanno decisamente influenzato il suo modo di pensare e vedere l'Arte. Vorrei definire Mariscotti, l' "ingegnere del segno".

Un'arte la sua, che esamina la "non realtà" e la scompone in forme geometriche. Un'arte, quella di Osvaldo Mariscotti, che parte dal quadrato nero di Malevic, per poi arrivare all'elaborazione di un nuovo codice, basato su una successione de figure e linee che hanno come obiettivo, quello di dar origine ad un nuovo linguaggio di comunicazione. Mariscotti crea, così, la nuova Bibbia dell'arte geometrica. Una Bibbia che ha il suo alfabeto, in geometriche variabili segniche.